lunedì 27 gennaio 2014

Smart Cities e PA


Nel  libro Smart Cities- Gestire la complessità urbana nell’era di Internet, si l’idea che la città intelligente si fondasse esclusivamente sull’affermarsi delle tecnologie web oriented. E’ l’individuo che deve tornare a essere al centro della nostra riflessione.
È “intelligente” l’uomo che consapevolmente governa e gestisce i processi di innovazione.
L’uomo è “intelligente”, la tecnologia va usata in “modo intelligente”.
La maggioranza dei Sindaci e delle Giunte comunali, oggi si trova di fronte a grandi difficoltà nell’amministrare le città. Si trovano stretti tra la scarsità di risorse economiche a disposizione, una legislazione farraginosa, una burocrazia refrattaria al cambiamento e la crisi delle culture politiche che, in passato costituivano il collante tra le scelte amministrative e i cittadini.
Oggi l’Information Technology può aiutare gli Amministratori ad affrontare questi problemi e a governare più efficacemente. I trasporti, la sanità, la scuola, tutto è pervaso dall’irrompere dell’Information Technology, sia in ambiti pubblici, che privati. Tuttavia è necessario adottare una strategia, coinvolgere i cittadini nel processo di cambiamento.
Nel libro “Smart Cities- Il gioco dell’innovazione negli ambienti urbani”, di prossima pubblicazione, si fornisce agli Amministratori una metodologia e un approccio culturale che possono aiutarli a promuovere i processi di innovazione nelle aree urbane sfruttandone tutte le potenzialità.

1) Darsi una strategia condivisa con gli Stakeholders cittadini e i city user. Senza usare il termine “cittadino residente”, la città è vissuta da tutti coloro che la vivono, non è un requisito essenziale che essi abbiano una “residenza anagrafica”. Attraverso processi partecipativi, quali gamification e “hacking the city”, l’Amministrazione e gli Stakeholders simulano progetti, sperimentano modalità innovative per reperire risorse –“adotta un’ azione smart”-, reingegnerizzano funzioni o servizi della città.
Oggetto della contrattazione tra i diversi soggetti e l’Amministrazione è l’acquisizione dei “dati” oggi conservati da ogni singolo soggetto. Nei prossimi anni la capacità di condividere i “dati” per trarne valore economico e sociale sarà la sfida da vincere sia per il “pubblico”, sia per i soggetti privati.
Nel mondo, molte Amministrazioni si sono dotate di piattaforme web in grado di aiutarle a valorizzare i “dati” e a sviluppare efficaci attività di governo. Le politiche improntate alla sostenibilità ambientale, la nascita di una nuova generazione del welfare, una migliore efficienza dei servizi, tutto ciò si fonda sulla capacità di gestire i “dati”. Le politiche di “open data” saranno una delle chiavi di volata per qualificare il governo delle aree urbane.

2) Questi processi di partecipazione necessitano, per poter dispiegare i propri benefici, di una struttura burocratica efficiente e innovativa. Il nostro Paese, sotto questo punto di vista, soffre di una burocrazia conservatrice e inefficiente. Nel nostro caso, il Codice dell’Amministrazione Digitale è il motivo per il quale le Pubbliche Amministrazioni faticano a introdurre cambiamenti profondi. Il pretendere di sottoporre a normative stringenti le modalità applicative dell’Information Technology costituisce un ostacolo spesso insormontabile per gli innovatori. La burocrazia va eliminata, difficilmente è digitalizzabile.
Le pratiche di eGovernment – auspicate dall’Unione Europea – fondate sui dati aperti e sulle piattaforme web 2.0 (condivisione e reciprocità) si scontrano con le prassi organizzative della Pubblica Amministrazione. Tuttavia modalità organizzative innovative, un uso qualitativamente diverso di Internet oggi sono possibili, anche a legislazione vigente.

3) Le città devono inoltre diventare il cuore dell’innovazione lavorativa e produttiva. Nel secolo scorso attorno alla fabbrica fordista si era venuto a creare un “ecosistema innovativo”. Non riguardava solamente la produzione, investiva il sistema degli orari, la conformazione urbanistica delle città, i sistemi formativi. Il tramonto di quei mondi ha lasciato scoperte funzioni vitali di una città. Oggi vanno promossi ecosistemi innovativi che nascono attorno all’introduzione di nuove tecnologie e al mutamento di molti modi di lavorare.
Ci si riferisce allo sviluppo crescente della digitalizzazione e della stampa 3D (makers, artigiani digitali), allo sviluppo dei luoghi di coworking, alla crescita degli incubatori d’impresa, agli hacklab. È necessario mettere in connessione, anche nella loro localizzazione, questi nuovi modi di produzione e di lavoro. Questi ecosistemi, nel tempo, potrebbero generare anche il mutamento dei modi di vivere e di produrre di un territorio molto più forte.

4) I processi di alfabetizzazione digitale di un’area urbana sono indispensabili per raggiungere gli obiettivi “smart”. Contrariamente a quanto comunemente si pensa, il “digital divide” non riguarda solo la popolazione più anziana o alcune aree italiane scarsamente fornite di infrastrutturazione banda larga o wifi. Gli Amministratori, i dirigenti pubblici, molta parte dell’imprenditoria soffrono di uno stato di “digital divide”. Sono anche questi limiti culturali delle Governance cittadine a rallentare i processi “smart”. Sotto questo aspetto le metodologie di gamification e di social networking formano “sul campo” Amministratori, Stakeholders, city user.

Riassumendo, se si vogliono raggiungere obiettivi “smart” ci sarà bisogno di:
  • adottare metodologie improntate alla partecipazione e alla gamification;
  • una profonda deburocratizzazione della Pubblica Amministrazione;
  • lo sviluppo di “ecosistemi innovativi”;
  • una attività continua e pervasiva di alfabetizzazione digitale di tutti i soggetti interessati allo sviluppo di un’area urbana.
(riadatttato dall'articolo di MIchele Vianello, dal titolo "Il gioco dell'innovazione negli ambienti urbani" apparso qui )