È “intelligente” l’uomo che consapevolmente governa e gestisce i processi di innovazione.
L’uomo è “intelligente”, la tecnologia va usata in “modo intelligente”.
La maggioranza dei Sindaci e delle Giunte comunali, oggi si trova di
fronte a grandi difficoltà nell’amministrare le città. Si trovano
stretti tra la scarsità di risorse economiche a disposizione, una
legislazione farraginosa, una burocrazia refrattaria al cambiamento e la
crisi delle culture politiche che, in passato costituivano il collante
tra le scelte amministrative e i cittadini.
Oggi l’Information Technology può aiutare gli Amministratori ad
affrontare questi problemi e a governare più efficacemente. I trasporti,
la sanità, la scuola, tutto è pervaso dall’irrompere dell’Information
Technology, sia in ambiti pubblici, che privati. Tuttavia è necessario
adottare una strategia, coinvolgere i cittadini nel processo di
cambiamento.
Nel libro “Smart Cities- Il gioco dell’innovazione negli ambienti urbani”, di prossima pubblicazione, si fornisce agli Amministratori una metodologia
e un approccio culturale che possono aiutarli a promuovere i processi
di innovazione nelle aree urbane sfruttandone tutte le potenzialità.
1) Darsi una strategia condivisa con gli Stakeholders cittadini e i city user. Senza usare il termine “cittadino residente”, la città è vissuta da tutti coloro che la vivono, non è un requisito essenziale che essi abbiano una “residenza anagrafica”. Attraverso processi partecipativi, quali “gamification” e “hacking the city”, l’Amministrazione e gli Stakeholders simulano progetti, sperimentano modalità innovative per reperire risorse –“adotta un’ azione smart”-, reingegnerizzano funzioni o servizi della città.
Oggetto della contrattazione tra i diversi soggetti e
l’Amministrazione è l’acquisizione dei “dati” oggi conservati da ogni
singolo soggetto. Nei prossimi anni la capacità di condividere i
“dati” per trarne valore economico e sociale sarà la sfida da vincere
sia per il “pubblico”, sia per i soggetti privati.
Nel mondo, molte Amministrazioni si sono dotate di piattaforme web in
grado di aiutarle a valorizzare i “dati” e a sviluppare efficaci
attività di governo. Le politiche improntate alla sostenibilità
ambientale, la nascita di una nuova generazione del welfare, una
migliore efficienza dei servizi, tutto ciò si fonda sulla capacità di
gestire i “dati”. Le politiche di “open data” saranno una delle chiavi
di volata per qualificare il governo delle aree urbane.
2) Questi processi di partecipazione necessitano, per poter dispiegare i propri benefici, di una struttura burocratica efficiente e innovativa. Il nostro Paese, sotto questo punto di vista, soffre di una burocrazia conservatrice e inefficiente. Nel nostro caso, il Codice dell’Amministrazione Digitale
è il motivo per il quale le Pubbliche Amministrazioni faticano a
introdurre cambiamenti profondi. Il pretendere di sottoporre a normative
stringenti le modalità applicative dell’Information Technology
costituisce un ostacolo spesso insormontabile per gli innovatori. La
burocrazia va eliminata, difficilmente è digitalizzabile.
Le pratiche di eGovernment – auspicate dall’Unione Europea – fondate
sui dati aperti e sulle piattaforme web 2.0 (condivisione e reciprocità)
si scontrano con le prassi organizzative della Pubblica
Amministrazione. Tuttavia modalità organizzative innovative, un uso
qualitativamente diverso di Internet oggi sono possibili, anche a
legislazione vigente.
3) Le città devono inoltre diventare il cuore dell’innovazione
lavorativa e produttiva. Nel secolo scorso attorno alla fabbrica
fordista si era venuto a creare un “ecosistema innovativo”. Non
riguardava solamente la produzione, investiva il sistema degli orari, la
conformazione urbanistica delle città, i sistemi formativi. Il tramonto
di quei mondi ha lasciato scoperte funzioni vitali di una città. Oggi vanno promossi ecosistemi innovativi che nascono attorno all’introduzione di nuove tecnologie e al mutamento di molti modi di lavorare.
Ci si riferisce allo sviluppo crescente della digitalizzazione e della
stampa 3D (makers, artigiani digitali), allo sviluppo dei luoghi di
coworking, alla crescita degli incubatori d’impresa, agli hacklab. È
necessario mettere in connessione, anche nella loro localizzazione,
questi nuovi modi di produzione e di lavoro. Questi ecosistemi, nel
tempo, potrebbero generare anche il mutamento dei modi di vivere e di
produrre di un territorio molto più forte.
4) I processi di alfabetizzazione digitale di un’area urbana sono indispensabili per raggiungere gli obiettivi “smart”. Contrariamente a quanto comunemente si pensa, il “digital divide”
non riguarda solo la popolazione più anziana o alcune aree italiane
scarsamente fornite di infrastrutturazione banda larga o wifi. Gli
Amministratori, i dirigenti pubblici, molta parte dell’imprenditoria
soffrono di uno stato di “digital divide”. Sono anche questi limiti
culturali delle Governance cittadine a rallentare i processi
“smart”. Sotto questo aspetto le metodologie di gamification e di social networking formano “sul campo” Amministratori, Stakeholders, city user.
Riassumendo, se si vogliono raggiungere obiettivi “smart” ci sarà bisogno di:
- adottare metodologie improntate alla partecipazione e alla gamification;
- una profonda deburocratizzazione della Pubblica Amministrazione;
- lo sviluppo di “ecosistemi innovativi”;
- una attività continua e pervasiva di alfabetizzazione digitale di tutti i soggetti interessati allo sviluppo di un’area urbana.
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